Quando l’incontro con l’autore è… raggelante
Io sono UNO.
Ma il mio nome completo è Sarcuno, anzi Fabiana Sarcuno.
E, nonostante tutto, continuo a credere che gli incontri con l’autore possano essere una significativa occasione di confronto e arricchimento, soprattutto se si tratta di letteratura per ragazzi e di libri letti tra i banchi di scuola.
Penso ciò non soltanto da docente, ma anche da scrittrice di romanzi destinati ai preadolescenti: ho parlato di fronte a migliaia di ragazzi in scuole di tutta Italia, mettendomi in gioco, cercando di trasmettere la passione per la scrittura e... divertendomi un sacco.
Nonostante tutto, ci credo.
Nonostante non sempre gli incontri ai quali ho partecipato da insegnante, con le mie classi, siano andati a gonfie vele: talvolta mi sono imbattuta in autori più interessati a un tornaconto economico che a relazionarsi con i ragazzi o a creare un autentico momento di condivisione.
Però l’ultimo, all’inizio di marzo, ha superato ogni limite.
Presso una delle librerie milanesi più note per questo genere di iniziative, ho accompagnato i ragazzi di seconda media a conoscere l’autore del libro letto e ampiamente commentato in classe.
L’incipit è stato tutt’altro che incoraggiante: non un sorriso da parte dell’ospite, nemmeno un saluto o altri cenni di interazione con i presenti, dai quali ha subito preso le distanze con una certa tracotanza: per la serie, io sono uno Scrittore, voi plebei!
Veramente scrivo anch’io, vorrei dire, ma non pensavo per questo di dovermi collocare sopra un piedistallo…
«Siete dei potenziali ignoranti» ha proseguito, sempre più sprezzante.
E perché, noi sì e lui no?
Certo che siamo ignoranti, e meno male! Sbaglio o non era Socrate, eccelso filosofo, a dire «io so di non sapere»? È proprio dalla consapevolezza della nostra ignoranza che scatta il desiderio, anzi la necessità, di conoscere.
A ogni modo i ragazzi hanno preparato delle domande, alcune tra l’altro molto profonde… peccato che l’autore le abbia sentite senza ascoltarle, talvolta fraintendendole, oppure banalizzandole.
Come quando, replicando a un’osservazione, ha ipotizzato di avere davanti a sé un “lettore debole”… complimenti per l’intuito: ha pescato l’unico che è in grado di divorare Tolkien e Dante in tempi record! Vai così Filippo!
E, in tutto questo, ci tengo a sottolineare che l’autore in questione è anche uno psicoterapeuta… ma andiamo oltre.
A un certo punto, mentre cominciavo a seccarmi per aver fatto perdere ai colleghi e agli alunni delle ore di lezione, ha insinuato che ci vuole coraggio a correggere i temi dei ragazzi di oggi, perché sgrammaticati, privi di spessore e contenuto, come, del resto, chi li scrive.
Ma perché tutti questi pregiudizi verso le nuove generazioni?
È vero, spesso nella mia professione di insegnante (e anche di autrice), ci vuole coraggio. Anche qui aggiungo: meno male! Perché la parola “coraggio” deriva da “cuore”, e senza cuore non possiamo essere noi stessi: né insegnanti, né studenti, né tantomeno autori.
Ma questo interessa poco all’ospite… non posso fare a meno di notare, da professionista nel suo stesso settore, che non ha minimamente preparato l’incontro, accontentandosi di parlare a braccio di cose abbastanza ovvie, in un lungo e svalutante monologo.
Anzi, mi correggo! Un interesse ce l’ha: il firma-copie. Non vede l’ora di liquidarci con questo momento di chiusura, che sembra quasi dovuto e ha il sapore di un siparietto falso da chiudere in fretta. Non costituisce un punto di arrivo, perché non siamo andati da nessuna parte; siamo rimasti fermi, stupefatti, anzi come direbbe qualche alunno “ignorante”… putrefatti!
Certo che a fare lo scrittore per ragazzi e detestare i ragazzi… ci vuole coraggio!
La prof.
L’incontro con l’autore non mi è piaciuto per niente, solo il viaggio per andare e tornare è stato divertente.
Per prima cosa l’autore ha parlato solo dell’aspetto commerciale dei libri e non ha parlato per niente della sua vita, poi ha azzardato a dire che i nostri temi sono tutti noiosi solo perché non li raccontiamo in un certo modo, però dovrebbe anche sapere che noi abbiamo delle tracce da seguire e secondo me avrebbe fatto una figura migliore se avesse tenuto chiusa la bocca. Ma ovviamente non siamo colti come lui: ci ha dato degli ignoranti solo perché una persona di una delle tre classi presenti non sapeva cosa fosse il parka, ma ovviamente lui è il più erudito del mondo e noi siamo tutti degli ignoranti che vanno a scuola solo per scaldare il banco e ascoltare i professori che parlano di argomenti troppo intellettuali per noi, ma su questo purtroppo non possiamo farci niente. Spero che questo commento l’autore lo legga per capire che il mondo non gira intorno a lui e che è soltanto una persona arrogante che non conosce neanche il significato delle parole che dice.
Con tutta la franchezza possibile:
Elisa B.
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