Poteva
essere una comune gita dove saremmo usciti alle 8.15 e rientrati alle 14.30, ma
nessuno degli orari venne rispettato.
Partimmo
con 40 minuti di ritardo, non a causa di qualcuno, ma per colpa del tempo. Si
era scatenata una tempesta imponente che non ci permetteva di lasciare la scuola. Appena diminuì un po’ cogliemmo l’occasione e ci incamminammo. Passammo
per un sentiero stretto e sporco che attraversava i campi assaghesi.
A
causa della pioggia il terreno si era inumidito e si erano formate varie
pozzanghere. Nel tragitto incontrammo svariati animali: dalle brutte e pelose
nutrie ai piccoli e viscidi lumaconi.
A parte
tutto fu una tranquilla passeggiata, sino a quando non sentii un vuoto sotto il
mio piede sinistro. Poco dopo realizzai che ero sprofondato in un buco coperto dall’acqua,
alto circa mezzo metro.
Urlai
cercando di fermare il gruppo, così tutti si girarono e vedendomi in quelle
condizioni scoppiò una grassa risata (non posso biasimarli, avrei riso anch’io),
fatta eccezione per i professori che vedendomi così si preoccuparono. Subito mi
domandarono cosa fosse successo e se riuscissi ad alzarmi. Io stavo bene, ma
avevo il piede incastrato nel fango…
Alcuni
miei compagni tentarono di tirarmi fuori ma invano, mentre le ragazze cercarono
dei bastoni per spostare fanghiglia. Nel frattempo un docente e un gruppetto
tornarono indietro per cercare aiuto. Nessuno di noi aveva il telefono perché
ci era stato vietato, quindi i soccorsi non sarebbero arrivati presto.
Ero
tranquillo, pensavo sarebbe andato tutto bene, speravo che sarebbe andato tutto
bene.
Ad
un certo punto, improvvisamente, il cielo si scurì, vedemmo un lampo e poco dopo
sentimmo un frastuono inaudibile. Un fulmine aveva colpito un albero vicino al
sentiero che stavamo percorrendo.
Tutti
iniziarono ad urlare e correre… Io ero ancora incastrato e adesso avevo paura.
In prede all’ansia mi dimenai con tutte le mie forze ma niente, ero
stanchissimo.
Vidi
che anche l’ultimo accompagnatore con i ragazzi rimanenti scappò via.
Avevo
chiusi gli occhi, faticavo a respirare e sentivo molto caldo: l’incendio si era
propagato. Temevo il peggio. Poi ricordo solo di aver sentito un lieve rumore
d’eliche in movimento perché una frazione di secondo dopo sentii cadere vicino
a me un albero, che con un ramo mi colpì violentemente la testa.
Pensavo
di esser morto, anzi non pensavo più, sino a quando qualche giorno dopo vidi la
luce. Aprivo a malapena gli occhi e capii che ero in una camera d’ospedale. Mi
sentivo fortunato. Percepivo un forte dolore alla testa nel punto dell’urto e poi
mi venne in mente del piede. Tentai di muoverlo, quando mi accorsi che per metà
era stato tagliato. Appena visto l’orrore vomitai sulle coperte.
Poco
dopo vidi entrare un’infermiera che mi sorrise: fu felice di vedermi sveglio.
Due
giorni dopo venni dimesso con mezzo piede in meno e una storia da raccontare.
Lorenzo D.